Fondazione Marisa Bellisario

UNO STRAORDINARIO EVENTO DEMOCRATICO, NON SPRECHIAMOLO

La stagione elettorale è iniziata da tempo e le regionali sono vissute e lette come una sorta di “mid term” in attesa della vera resa dei conti, le elezioni europee. Ne parliamo oramai da mesi, primo tema all’ordine del giorno la candidatura, o meno, delle due leader, Giorgia Meloni ed Elly Schlein. Un’eventualità che da settimane appassiona i cronisti, dimenticando che le europee non sono un “sondaggio” di medio termine in vista del prossimo appuntamento politico. La posta in gioco è altissima e va ben oltre le prove di forza dei partiti italiani.

Mai come oggi all’Europa viene chiesto di diventare soggetto politico e militare forte e autonomo, capace di “imporsi” e avere voce in capitolo in uno scacchiere internazionale in continua, e drammatica, evoluzione. Il solo spauracchio di una nuova presidenza Trump dovrebbe mettere in guardia e farci comprendere l’importanza di elezioni da cui dipendono tanto le maggioranze e gli equilibri del prossimo Parlamento europeo e delle relative famiglie, quanto la scelta dei Commissari e la stessa configurazione del Consiglio europeo. Il rischio di un arretramento nel percorso dell’Unione non è infondato, proprio quando è evidente l’esigenza di spingere per un salto di qualità nell’integrazione politica europea. Se si considerano le sfide globali del nostro tempo – dal green deal al digitale, dalla politica estera alla difesa fino alla competitività economica – è chiaro che solo la dimensione europea può rappresentare una risposta.

Il punto, però, è che siamo destinati a veder replicare uno scenario noto: una campagna elettorale in cui di Europa non si parlerà affatto. Un’occasione persa che andrà ad allargare il baratro che orami divide le istituzioni, italiane e in misura maggiore europee, dai cittadini. E stavolta non è un male solo del Belpaese. E a esserne colpite sono le donne in maggioranza.

E qui vengo a un tema che mi preme e che raramente trova spazio nell’opinione pubblica. Siamo abituati a parlare di donne e politica in relazione al numero di elette e alla presenza femminile nelle istituzioni e nei partiti. L’Europa in questo senso fa meglio dei singoli Stati. Attualmente, le eurodeputate rappresentano il 39.8%, le italiane sono il 41% degli eletti. Anche se poi, a fronte di due presidenti donne per la prima volta nella storia dell’Ue, le presidenti di Commissione sono 6 su 20. Ma parliamo mai di donne come elettrici e come elettrici europee? No, ed è un errore.

Una ricerca apparsa una decina di giorni fa realizzata da Commissione e Parlamento europeo ha analizzato la percezione delle donne nei confronti della politica europea. I risultati impensieriscono, almeno la sottoscritta: il 34% delle donne non discute mai di politica (vs 23% di uomini), il 37% non ha fiducia nell’Ue e il 17% non ha nemmeno un’opinione in merito. Solo il 36% dichiara di comprendere come funziona l’Europa e appena la metà considera l’appartenenza del proprio Paese come un fatto positivo. Complessivamente, nel 77% dei casi le donne hanno la sensazione di essere (piuttosto e molto) male informate sul Parlamento europeo. Se non ci rendiamo conto che questo è un vulnus… Con che strumenti andremo al voto? Eppure, quasi la metà di noi europee, sempre secondo la ricerca, ha contezza dell’impatto che le decisioni prese a Bruxelles hanno su istruzione, benessere, vita lavorativa, diritti. Dunque questa palese disinformazione è colpa nostra o di una politica e un sistema mediatico che parlano dell’Europa solo quando ci impone la misura dei cetrioli? Servirebbe uno spazio ad hoc, in tutti i telegiornali, per saperne di più e per poter votare consapevolmente.

Di una cosa però le elettrici sono certe: la politica europea va femminilizzata! Perché dominata dagli uomini, dice il 45%, e perché le donne possono modificare la prospettiva (83%). Ancor meno trascurabile un fatto: al momento della scelta di un candidato, le donne attribuiscono maggiore importanza all’esperienza nelle questioni europee e solo dopo all’orientamento politico. In che percentuale i deputati del PE dovrebbero essere donne? il 48% delle elettrici europee (39% gli uomini) ritiene che dovrebbero essere la metà. Come raggiungerla? Incoraggiando la partecipazione delle donne in politica per il 53% mentre solo il 12% conta sull’impegno volontario dei partiti.

Ecco, parliamo di Europa, rivolgiamoci alle elettrici italiane ed europee, perché tali siamo. E che i partiti iniziano a puntare sulle competenze dei candidati e su una leadership femminile capace di cambiare la narrativa di un’Europa tecnocrate e distante.

La sicurezza fisica dei cittadini europei, così come il mantenimento di condizioni di libertà e democrazia nel Vecchio Continente, dipendono dalla capacità delle classi dirigenti di scuotere dal torpore opinioni pubbliche intontite da 80 anni di pace e sicurezza. Il mondo multipolare non le garantisce più, bisogna aprire gli occhi e a farlo dovrebbero essere quelle istituzioni europee che ci apprestiamo a votare.

Ultima notazione. Dopo l’elettorato indiano, quello europeo è il secondo elettorato democratico più grande nel mondo. I votanti nel 2019 sono stati 198 milioni (su 392 milioni di aventi diritto), a fronte dei 614 milioni in India, dei 158 milioni in USA e in Indonesia. Uno straordinario evento democratico. Non sprechiamolo.

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