Fondazione Marisa Bellisario

“AVANTI DONNE”, PERCHÉ L’8 MARZO NON SI CELEBRI PIÙ

di Maria Elisabetta Alberti Casellati

Negli ultimi decenni, la condizione femminile ha registrato importanti progressi nel nostro Paese. La parità di genere è ormai una realtà a livello legislativo. Tante sono le azioni normative a sostegno dell’eguaglianza sostanziale, tanti i traguardi raggiunti dalle donne.

Eppure, ancora molto resta da fare sul terreno della parità di fatto. E per questo non basta una legge. Tanti sono gli ostacoli che le donne incontrano sul loro cammino, nell’affermazione individuale come nella gestione della famiglia, nel lavoro come nelle Istituzioni. Ostacoli che hanno radici culturali profonde, alimentate dal pregiudizio causato da un sistema di aspettative, visioni, valori e costumi resistenti al cambiamento.

Il mondo femminile è avanti per competenze, capacità, sensibilità. Eppure, nella società, nella politica e nell’economia, non sempre questo si traduce in realizzazione, successo, affermazione.

Pensiamo all’apporto decisivo delle donne nel contesto del tutto inedito dell’emergenza sanitaria. Divise tra casa e lavoro, su di loro è caduto il peso maggiore della crisi. Sono state protagoniste di una nuova resistenza, combattuta con le armi dell’intelligenza, della generosità, della concretezza e della forza di volontà. Un contributo determinante, che non è stato pienamente compreso e valorizzato pensando alla ripresa del nostro Paese.

Per parlare oggi di parità di genere occorre riconoscere, di fatto e non solo a parole, che il potenziale femminile è espressione di un valore economico, oltre che sociale: il capitale umano delle donne, che sono la colonna vertebrale della famiglia e della società, vale più di un punto di PIL.

Come Lella Golfo continua a testimoniare, le donne hanno bisogno di due condizioni essenziali: condivisione e qualità.

Condivisione nella gestione delle responsabilità nella società e nella gestione familiare.

Qualità nei ruoli, nelle occupazioni, negli incarichi.

Stimolare le idee su tali prospettive, rendere le donne protagoniste del dibattito, della cultura, delle riflessioni individuali, orientare in modo strutturale e non intermittente le politiche pubbliche è il compito che spetta a chi vuole fare della parità di genere l’architrave di una società e di una economia migliori per tutti.

Questa è anche la sfida che attende “Avanti Donne”, un contenitore di voci e storie al femminile che vuole essere il racconto di un cambiamento culturale possibile.

Nei suoi trentadue anni di attività, la Fondazione Marisa Bellisario ha molto lottato in questa direzione. E oggi, con “Avanti Donne”, il suo percorso si arricchisce di un nuovo strumento di confronto, aperto a quell’orizzonte globale che ci consente di guardare oltre i confini del nostro Paese.

Perché in tutto il mondo le donne, ciascuna con il proprio bagaglio di valori ed esperienze, muovendo da condizioni diverse, stanno marciando idealmente verso uno stesso obiettivo universale: il diritto a essere pienamente e semplicemente “donne”.

Nel rivolgere i migliori auguri di buon lavoro a questa nuova iniziativa editoriale, vi è un auspicio che, alla vigilia dell’8 marzo, desidero condividere con tutte voi: che questa festa non si celebri più, perché ciò significherebbe che la parità è stata davvero raggiunta.

6 commenti su ““AVANTI DONNE”, PERCHÉ L’8 MARZO NON SI CELEBRI PIÙ”

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